drammaturgia
ricci/forte
movimenti
Marco Angelilli
scene
Francesco Ghisu
costumi
Gianluca Falaschi
ambiente sonoro
Thomas Giorgi
direzione tecnica
Alfredo Sebastiano
assistente regia
Liliana Laera
regia
Stefano Ricci
Anna Gualdo
Giuseppe Sartori
Piersten Leirom
Gabriel Da Costa
una produzione | Romaeuropa Festival e Snaporazverein in coproduzione con Th��tre MC93 Bobigny/Festival Standard Ideal, CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, Festival delle Colline Torinesi
Darling, il primo balbettio nella nuova polis. Darling, l�alfabetizzazione di un sentimento. Darling, il perimetro di un terreno emotivo da arare. Darling, il singulto ctonio della tragedia eschilea. Darling, lo tsunami che cancella l�ordine delle cose ripristinando il culto orfico dei morti. Darling, un container in cui immagazzinare simboli e sensi, umani e divini, che riesplodono in attesa del prossimo imbarco.
In un aeroporto della mente, valvola liminale ancora attiva, l�accampamento profughi dopo la grande onda ripercorre i brividi di un passato attraverso le impronte lasciate sulle cose strappate all�acqua. Senza domicilio etico, attendiamo la fiamma come scolte in attesa del ritorno del padre guerriero. In questa improvvida fase di transizione si celebra un rito di passaggio all�inverso, come un rigurgitare a fiotti animaleschi e recuperando - dopo il crollo dei panorami ordinati - il tanfo di viscere inondate di sangue giustiziere.
Come in un�istantanea di Gregory Crewdson, la realt� apparentemente rassicurante viene disturbata dall�irruzione della natura, che attesta il suo predominio e vanifica ogni tentativo di �domarla� attraverso la dike di stato, una Giustizia sempre pi� ad uso e consumo delle classi dirigenti. Una realt� fittizia che si mostra con tutta la forza di persuasione di una realt� autentica. Un falso che per�, a differenza di una copia, si sovrappone al reale perfezionando l�originale attraverso nuovi rituali: potenti atti sociali che proprio nel momento in cui l'ordine viene alterato da eventi naturali ricrea un nuovo stato, differente da quello precedente. Vanificato il tentativo di crearne uno ideale - Hannah Arendt racconta bene quanta inconsapevolezza ci sia stata in questa degenerazione autodistruttiva di regolamentazione di un gruppo sociale - percepiamo di nuovo il nostro polso e ammaliante � il richiamo di un proprio individuale, barbarico, senso etico.
Gli orrori dell�Orestea, indipendentemente dalla domanda se siano o meno cos� lontani dai simboli che ci vivono addosso, possono restituirci attraverso l�incubo una nuova piattaforma solida sul quale poggiare le speranze di un futuro? O sar� l�ennesimo padiglione ospedaliero in cui accetteremo la punizione del bromuro mitriale pur di seguire la striscia continua dell�utopica democrazia che ci viene indicata? Talpe da giardino, scardiniamo le aiuole ordinate cercando un vestito che ci faccia sembrare abitanti civilizzati di un fraudolento mondo perfetto.
In un mondo fatto di algida rappresentazione del S�, di fredda razionalit�, il vecchio sistema di valori, pervaso di fede nei miracoli e di magia, sembra addirittura psicotico. Ma la sua logica paradossale supera tutti i postulati di realt�, come nell�inconscio di un sogno.
Eschilo e ricci/forte, genesi e ipercontemporaneo, Artaud e l�hard rock dei Led Zeppelin, sovrapposizioni intertestuali sonore e fisiche, tutte tese a scansionare una lisergia che - proprio in un momento storico come questo in cui una societ� si determina attraverso la delimitazione dell�Altro (assicurandosi cos� la propria identit�) - serva da bussola per rintracciare traiettorie.